Etichettato: Mario Capozzi

Ancora un anno

img_5975Caro Mario,

lo sappiamo per chi avresti votato, No? C’è stato il referendum e ha vinto il No. Allora ti aggiorno un po’. Innanzitutto sappi però che secondo un certo Testa (che si fa chiamare “Chicco”, o secondo  Vittorio Zucconi – ma lì è arteriosclerosi -) , è stata “colpa” del Sud, del “nostro” Sud, se la riforma è fallita. Io gli avrei risposto: la Costituzione al Sud è in vigore? L’articolo 3, per esempio, oppure il primo, sono rispettati? E Milano non è Sud? Chi c’è nelle caserme, nelle scuole, negli uffici pubblici, in fabbrica: chi c’è? Non li vedete i meridionali? I medici, i magistrati, i notai, i venditori ambulanti: ditemi, ma sono solo io a vedere un’Italia costruita sullo sradicamento costante e continuato dei meridionali prima e ora degli stranieri?  Tu forse avresti risposto:  è il capitalismo, bellezza!

Ma avrei fatto il loro gioco rispondendo così, poiché polarizza e divide pregiudizialmente chi non ha argomenti, chi vuole confusione e non chiarezza. È la contrapposizione cieca, priva di argomenti razionali (il binomio amico-nemico, non è altro che lo schema del populismo imperante).

Avrei dovuto dire: comunque il fatto è che tu puoi avere, sì, di grazia, il 40% di disoccupazione giovanile; comunque puoi avere un reddito pro-capite pari alla metà delle regioni del centro-nord; tu puoi esportare una città di medie dimensioni all’anno fatta di tuoi cittadini emigrati; ebbene, sì, puoi pure sottostare, in alcuni casi, al controllo mafioso del territorio, vivendo nel terrore e nella minaccia costante: puoi stare, si capisce, in assenza di ferrovie e strade, anche in assenza di diritti:
ma se poi voti come ti pare…, questo è davvero troppo, questo no.

Ma avrei fatto il loro gioco: un’ennesima contrapposizione: nord- sud, italiano- straniero e via dicendo… Invece l’unica contrapposizione che accetto è tra ricchi e poveri, e il potere raramente sta dalla parte dei secondi. Il razzismo imperante dell’Italia odierna, fomentato da politica e tv, giornali, per esempio, è contro i poveri, non contro gli stranieri.

Ma tu la sai la storia come è partita, dapprincipio. Negli anni ’90, a voi militanti, a voi, i vostri stessi compagni lasciarono intendere che sì, va bene impegnarsi però senza esagerare che al resto ci pensavano loro, a Napoli, a Roma, a Milano. D’accordo, la partecipazione, ma insomma, sappiamo benissimo cosa c’è da fare per cui pensate alla famiglia, al lavoro, al campionato. Non ce l’avete un palo della cuccagna lì in provincia, ebbene aggrappatevi e portatevi a casa un bel prosciutto, cosa volete di più? Perché qui ci siamo noi, non c’è alcun bisogno di tutta questa buona volontà: siete al sicuro, nelle nostre capaci mani, tornate a casa, guardatevi la tv, distraetevi, è tutto a posto.

Così finì il cambiamento, scoraggiarono qualsiasi tentativo dal basso. Così sono morti gli anni ’70 nel resto d’Italia. Quegli stessi gruppi di potere oggi ci chiedono ancora una volta di stare a casa e lasciare a loro ancora più potere. Dobbiamo solo votare, nient’altro. Non vi azzardate a discutere, a portare istanze autonome, altrimenti siete vecchi, lenti, e invece loro sono veloci, impavidi, e sanno benissimo cosa fare per il Paese.

E allora che facciamo, Mario? Io davvero non lo so. So che c’è la giustizia, la verità, e il resto so’ chiacchiere, è giusto Marié? Ho detto giusto?  So che al di sopra della morale, c’è solo l’esempio civile, è giusto Marié? Per cui qua è tutto da rifare. Non abbiamo alcun esempio. L’unica cosa, ho smesso di avere paura. È l’ultimo tassello, questo. Ti fanno paura col mercato internazionale, col fallimento dello Stato. Minacce continue, ammiccamenti e bonus, mancette. Ma chi ha bisogno delle mancette ha dignità, Mario? E poi come faccio a votare Sì a una proposta incomprensibile, che aumenta i poteri del governo, senza sapere con quale legge elettorale sarà eletto il nuovo parlamento? Allora, dico io, Marié, ma se la soluzione era una sola, facevamo il plebiscito e non il referendum. Non era meglio? Se si poteva solo acclamare, magari qualcuno che andava in piazza lo trovavamo (pensionati ovviamente).

Solo la Costituzione si ricorda che cos’era il fascismo. Ogni sua parola parla del totalitarismo e vi si oppone costantemente. La fiducia cieca è per principianti. E noi saremo pure pessimisti, tuttavia non senza ragioni, marié, è vero o no?

Un abbraccio. Prometto che non ti scrivo più. (forse)

 

P. S.

Lo vedi che qualcosa di te è rimasto negli altri? Muoiono del tutto solo le persone dimenticate. Allora svaniscono le parole, i suoni, le immagini. Invece di te, caro Mario Capozzi, qua ci sta ancora un sacco di gente che si ricorda, che ricorda il tuo stare al mondo partigiano, convulso, contraddittorio, passionale. Quel tuo stare al mondo così “vivo”.

Una storia infame di paese

Stavano allestendo un falò abusivo in un’area pubblica, la pira gigantesca era alta e pericolosa. Ecco perché gli agenti municipali bloccarono tutto, chiamarono i vigili del fuoco che misero l’area in sicurezza. Stavano allestendo un falò, la notte dell’Immacolata, una montagna di fascine, tronchi, legname si accatastava minacciosa. Allora intervenne una pattuglia dei carabinieri, fecero sgombrare l’area e chiusero l’accesso alla zona. Stavano allestendo un falò non autorizzato al centro del paese, passò il sindaco, si fermarono gli assessori, i consiglieri e chiesero l’intervento delle forze dell’ordine. Stavano allestendo un enorme falò per la notte dell’Immacolata. Visto il pericolo, alcuni passanti allertarono le forze dell’ordine, le quali giunsero sul posto e bloccarono l’iniziativa, denunciando gli organizzatori. Stavano allestendo il falò per l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata. Fecero una cosa grossa, per dire che erano in grado di fare cose grosse, non avendo altri mezzi per dimostrare la propria grandezza. Nonostante fosse al centro del paese, gli agenti municipali non videro nulla. I carabinieri nemmeno. Nonostante la zona sia quella più trafficata, non un cittadino, non un uomo o una donna delle istituzioni denunciò l’iniziativa. Nessuno, pur potendo, mosse un dito. La notte un tronco d’albero di quella maledetta pira cadde sul destino di Mario, gli si piegarono le ginocchia, e con esse la vita. Allora lui intese che si può essere amici da vivi, ma si è sempre soli di fronte alla morte. Forse pensò alla guerra di Piero, che la vita in questo modo non gli aveva restituito il sorriso. Che dicembre non era maggio, ma a morire così ci vuole ancora più pazienza, non essendo in guerra, ci vuole ancora più coraggio. In seguito fu un fuggi fuggi generale, chi si attaccò alla memoria, chi a qualche vecchia storia. Furono giri di telefonate a chi arrivava più in alto. Sì! Più in alto della pira. E sotterfugi, delazioni, minacce velate e manifeste. Furono astio e malcontento nel vecchio paese degli zingari. E tutti pensarono a sé, pochi si ricordarono di Mario. Mario col Manifesto sotto il braccio, o al concerto di Springsteen a San Siro nell’85. Mario da Salza Irpina, più grottese di tanta gentaglia di questo lurido, merdoso paese. Mario a Saturnia, o al concerto dei Nomadi, alle manifestazioni con l’Alfa Romeo grigia e la musica di Dylan, Neil Young, Waits. Eppure se si guardasse indietro, ora, intenderebbe qualcosa di questa piccola grande infamia di paese. Capirebbe che non tutti quelli che ti circondano e sorridono, sono in grado di stare dalla tua parte nella cattiva sorte. Che l’amicizia, se esiste, è rara, troppo rara, per illudersi di contarla anche solo sulle dita di una mano.   S. A.   In memoria di Mario Capozzi